Vent'anni dopo L'avvelenata, ecco un'altra "canzone di rabbia", ma meno personale e più politica. Tant'è vero che essa ha come coautori Bigazzi e Dotti, e che - come ha dichiarato lo stesso cantautore - "l'idea di questa canzone non è venuta a lui, ma a Beppe Dati": e di questa pluralità di voci occorre tener conto per capire alcuni passi che sembrano contrastare con l'ideologia, o se vogliamo con le istanze (anti)metafisiche, di Guccini.
Tanto per cominciare Guccini apostrofa i "falsi" artisti della canzone, che non nutrono sogni e ideali ma si adoperano per arricchirsi ed essere famosi:
Venite pure avanti poeti sgangherati,
inutili cantanti di giorni sciagurati,
buffoni che campate di versi senza forza
avrete soldi e gloria ma non avete scorza;
godetevi il successo, godete finché dura
ché il pubblico è ammaestrato e non vi fa paura
e andate chissà dove per non pagar le tasse
col ghigno e l'ignoranza dei primi della classe.
Annota Paolo Jachia: "se qualcuno pensa a Pavarotti... possiamo dire che effettivamente è stato compagno di classe di Guccini, ma non era il primo della classe perché... ripetente" [P. Jachia, Francesco Guccini, Editori Riuniti, Roma 2002, pp. 175-176].
Nella strofa successiva Guccini si scaglia contro i propri avversari politici e i loro accoliti di vario genere:
Facciamola finita, venite tutti avanti
nuovi protagonisti, politici rampanti;
venite portaborse, ruffiani e mezze calze,
feroci conduttori di trasmissioni false
che avete spesso fatto del qualunquismo un'arte;
coraggio liberisti, buttate giù le carte
tanto ci sarà sempre chi pagherè le spese
in questo benedetto assurdo bel paese.
Guccini-Cirano affonda poi la sua critica a due forme contrapposte, ma in un certo senso complementari, di dogmatismo ideologico (la religione e il materialismo):
Venite gente vuota, facciamola finita:
voi preti che vendete a tutti un'altra vita;
se c'è come voi dite un Dio nell'infinito
guardatevi nel cuore, lo avete già tradito;
e voi materialisti, col vostro chiodo fisso
che Dio è morto e l'uomo è solo in questo abisso,
le verità cercate per terra, da maiali,
tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali;
tornate a casa nani, levatevi davanti,
per la mia rabbia enorme mi servono giganti.
Ai dogmi e ai pregiudizi da sempre non abbocco
e al fin della licenza io non perdono e tocco.
"Trent'anni dopo Dio è morto Guccini precisa dunque, in versi, come andasse letta davvero la sua canzone e cioè non come un rifiuto della dimensione ideale dell'uomo, ma come rifiuto di ogni forma di dogmatismo idolatra, un inno cioè alla libertà di fede e di pensiero. Ecco il senso di richiamare qui il titolo dell'antica e mai tradita canzone" [P. Jachia, cit., p. 175].
Ma Guccini-Cirano, dopo aver delineato le fila dei nemici, crede (o meglio spera) che ci sia un luogo dove l'incessante lotta abbia tregua:
dev'esserci, lo sento, in terra o in cielo un posto
dove non soffriremo e tutto sarà giusto.
Interrogato sul senso di questi versi, Guccini ha precisato: "la canzone non è completamente mia e quindi mi sono limitato a intervenire anche pesantemente sul testo, ma questi versi li ho lasciati. Comunque per un agnostico va benissimo".
Per comprendere il resto della canzone occorre precisare chi sia Cirano. "Cirano" è la forma grafica che Guccini adotta per "Cyrano", ovvero Cyrano de Bergerac (1619-1655), scrittore e moralista del Seicento, reso celebre dalla commedia dedicatagli nel 1897 da Edmond Rostand, da cui Guccini ha derivati molti tratti (e molti versi) per il suo personaggio. Effettivamente, in gioventù, Cyrano fu cadetto di Guascogna e divenne famoso per il suo carattere stravagante e rissoso, che lo rese protagonista di molti duelli. Lasciata la carriera delle armi, si dedicò alla letteratura e alla meditazione, divenendo allievo assiduo del filosofo Gassendi, presso il quale conobbe Molière e altri intellettuali. Non perse tuttavia il suo spirito aggressivo e si fece molti nemici, soprattutto fra i potenti, che egli avversò sempre. Cyrano/Guccini/Cirano è in definitiva "colui che non piega la testa davanti al potere [...] anche se sa che da sempre il potere schiaccia le rivolte di popolo e individuali. Ma tutto ciò non importa, perché la cosa veramente importante è il fatto di essere coerenti, di lottare con la forza dell'intelligenza e del sapere contro la stupidità e l'ignoranza, il poter dire alla fine: non ho sofferto invano. [...] Cirano è la rivolta contro il potere, ma Cirano è anche la sua solitudine esistenziale, la sua bruttezza, il suo naso deforme, è anche cioè la storia d'amore impossibile per i dogmi e i canoni estetici e ideologici ieri e oggi imperanti" [P. Jachia, cit., pp. 177-178].
http://www.giuseppecirigliano.it/GuccioCirano.htmGRAZIE ALDO PER AVERCI FATTO ASCOLTARE "CIRANO"