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 Donna, la condizione nella società.

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MessaggioTitolo: Donna, la condizione nella società.   Donna, la condizione nella società. Ang28Gio Feb 10, 2011 8:21 am

Nella Cina maoista le neonate di sesso femminile venivano affogate in una tinozza pronta accanto alla partoriente.
Un atto feroce e crudele, inumano.
Le famiglie avevano diritto ad un solo figlio ed " ovviamente" preferivano il maschio che avrebbe fornito braccia, più robuste, per il il lavoro dei campi.

La grande Cina si popolò di milioni di piccole tombe senza nome e di uomini che non trovavano moglie. Non parliamo del medioevo ma di circa 50 anni fa.....quando quelli come me si nutrivano di pane e libretto rosso di Mao, convinti di poter cambiare il mondo ...sventolando uno stupidi libretto rosso pieno di banalità e sciocchezze.

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MessaggioTitolo: Re: Donna, la condizione nella società.   Donna, la condizione nella società. Ang28Gio Feb 10, 2011 9:04 am

Interessante .... un argomento da sviscerare .... senza troppi luoghi comuni .... aborrisco di fronte a crimini e soprusi in nome di Dio o di Ideali ..... aborrisco quando leggo il cardinal Bagnasco fare la morale a quel bebosciato del premier ... dimenticandosi di consentire alla giustizia di processare i tanti preti pedofili .... sorvolando sul cattivo esempio che loro a loro volta intoccabili e impunibili danno ... c'era la D.C. di De Gasperi e Dossetti Moro e Fanfani è rimasta quella di Casini, Rosy Bindi e Mastella ... c'era il P.C.I di Berlinguer e Natta ... è rimasto il PD di Bersani Bassolino e D'Alema.... c'era il P.S.I di Nenni è rimasto quello di Cicchitto e Cabras ..... c'erano Nilde Jotti e Tina Anselmi .... sono rimaste Mussolini e Santanchè .... c'erano Borsellino e Falcone ... e qui mi taccio .... perchè il potere della giustizia non è meglio di quello della politica .... tornando alle donne .... nella storia sono sempre state e sempre saranno il motore della società.... la stupidità umana ne ha sempre sminuito il ruolo .... ha sempre abusato della loro presunta debolezza .... i fatti di oggi nella degenerazione di comportamenti e costumi rafforza anche nell'uso più becero e volgare che esse stesse hanno fatto della loro figura... io non credo che servissero più braccia a Mao ... ma più idioti facilmente asservibili alla causa
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MessaggioTitolo: Re: Donna, la condizione nella società.   Donna, la condizione nella società. Ang28Mar Feb 15, 2011 3:38 pm

Avevo circa 15 anni, il femminismo, con le sue rivendicazioni, non era ancora arrivato : nascere femmina significava frequentare la scuola magistrale,università solo di serie b, imparare l'economia domestica per tenere cura de corredo ed allevare i figli.
la verginità era un " doc" , un sigillo di garanzia affinchè un marito non prendesse per moglie " gli avanzi degli altri".
Per professione ...maestra ovviamente dopo aver fatto il dovere di madre e moglie...

esisteva il delitto di onore ...., l'infedeltà veniva punito con il carcere ed il ripudio ( non c'era la lapidazione fisica...ma quella morale si ).

La sessualità della donna era solo per fini riproduttivi ( non lo faccio per il piacer mio ma per dar un figlio a Dio ).

Le ragazze che avevano il coraggio di essere un pochino più " spinte " ...erano p... o nell'ipotesui migliore avevano " grilli per la testa ".

Le adolescenti, la cui carne gridava per i naturali impulsi ormnali erano un poco " mignotte" ...e lo pensavamo tutti ( ahimè...la cultura era quella ).
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MessaggioTitolo: Re: Donna, la condizione nella società.   Donna, la condizione nella società. Ang28Gio Feb 17, 2011 8:36 am

Rispondo con una canzone del Guccio ...




Ma che piccola storia ignobile mi tocca raccontare, così solita e banale come tante,
che non merita nemmeno due colonne su un giornale o una musica o parole un po' rimate,
che non merita nemmeno l' attenzione della gente, quante cose più importanti hanno da fare,
se tu te la sei voluta, a loro non importa niente,
te l' avevan detto che finivi male...

Ma se tuo padre sapesse qual' è stata la tua colpa rimarrebbe sopraffatto dal dolore,
uno che poteva dire "guardo tutti a testa alta", immaginasse appena il disonore,
lui che quando tu sei nata mise via quella bottiglia per aprirla il giorno del tuo matrimonio,
ti sognava laureata, era fiero di sua figlia,
se solo immaginasse la vergogna,
se solo immaginasse la vergogna,
se solo immaginasse la vergogna...

E pensare a quel che ha fatto per la tua educazione, buone scuole e poca e giusta compagnia,
allevata nei valori di famiglia e religione, di ubbidienza, castità e di cortesia,
dimmi allora quel che hai fatto chi te l' ha mai messo in testa o dimmi dove e quando l'hai imparato
che non hai mai visto in casa una cosa men che onesta
e di certe cose non si è mai parlato
e di certe cose non si è mai parlato
e di certe cose non si è mai parlato...

E tua madre, che da madre qualche cosa l' ha intuita e sa leggere da madre ogni tuo sguardo:
devi chiederle perdono, dire che ti sei pentita, che hai capito, che disprezzi quel tuo sbaglio.
Però come farai a dirle che nessuno ti ha costretta o dirle che provavi anche piacere,
questo non potrà capirlo, perchè lei, da donna onesta,
l' ha fatto quasi sempre per dovere,
l' ha fatto quasi sempre per dovere,
l' ha fatto quasi sempre per dovere...

E di lui non dire male, sei anche stata fortunata: in questi casi, sai, lo fanno in molti.
Sì, lo so, quando lo hai detto, come si usa, ti ha lasciata, ma ti ha trovato l' indirizzo e i soldi,
poi ha ragione, non potevi dimostrare che era suo e poi non sei neanche minorenne
ed allora questo sbaglio è stato proprio tutto tuo:
noi non siamo perseguibili per legge,
noi non siamo perseguibili per legge,
noi non siamo perseguibili per legge...

E così ti sei trovata come a un tavolo di marmo desiderando quasi di morire,
presa come un animale macellato stavi urlando, ma quasi l' urlo non sapeva uscire
e così ti sei trovata fra paure e fra rimorsi davvero sola fra le mani altrui,
che pensavi nel sentire nella carne tua quei morsi
di tuo padre, di tua madre e anche di lui,
di tuo padre, di tua madre e anche di lui,
di tuo padre, di tua madre e anche di lui?

Ma che piccola storia ignobile sei venuta a raccontarmi, non vedo proprio cosa posso fare.
Dirti qualche frase usata per provare a consolarti o dirti: "è fatta ormai, non ci pensare".
E' una cosa che non serve a una canzone di successo, non vale due colonne su un giornale,
se tu te la sei voluta cosa vuoi mai farci adesso
e i politici han ben altro a cui pensare
e i politici han ben altro a cui pensare
e i politici han ben altro a cui pensare...



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MessaggioTitolo: Re: Donna, la condizione nella società.   Donna, la condizione nella società. Ang28Gio Feb 17, 2011 3:13 pm

Sull'argomento..ho trovato questo articolo che reputo interessante..

Nel 1965 Kiyoko Kitagawa fece qualcosa di insolito per un'impiegata di un'azienda giapponese: si sposò e continuò a lavorare. Il suo capo alla Sumitomo Metal Industries - una delle più grandi industrie produttrici di acciaio del Giappone - non apprezzò molto la sua dimostrazione di fedeltà all'azienda. Le diede una scrivania accanto alla propria e nulla da fare per 18 mesi. Fu allora che Kiyoko Kitagawa cominciò a battersi contro la discriminazione nei confronti delle donne: una lotta che in Giappone sembra destinata a modificare il rapporto tra i sessi sul posto di lavoro.
La signora Kitagawa passava il tempo leggendo. Donna dalla voce fioca, con un'espressione calma e ansiosa allo stesso tempo, ricorda di aver apprezzato allora i personaggi tormentati di Cechov e Dostoevskij. "Affrontano con coraggio le difficoltà", spiega.
Nel 1968 Kiyoko Kitagawa dovette di nuovo toccare con mano le discriminazioni sul posto di lavoro. Questa volta ebbe un bambino e, nonostante tutto, continuò a lavorare.
Il suo capo le disse, senza scomporsi, che persino nel mondo degli animali sono le madri ad allevare i figli. E che, se avesse lasciato il figlio all'asilo tutto il giorno, si sarebbe dimostrata inferiore a un cane.
Malgrado i primi anni poco piacevoli, Kiyoko Kitagawa è rimasta alla Sumitomo Metal. Ammette che altri superiori sono stati più comprensivi con lei: hanno apprezzato la sua indipendenza e le hanno assegnato incarichi gratificanti.
Ma, qualche anno fa, un direttore del personale disse qualcosa che la infastidì tanto profondamente da far scoccare la scintilla di un procedimento legale che rimarrà negli annali.
La signora Kitagawa racconta che andò su tutte le furie sentendo il direttore del personale dire che normalmente sulle impiegate vengono scritti rapporti mediocri per giustificare un salario più basso e l'assenza di promozioni.
Quasi nello stesso periodo, apprese che un giovane collega, che lavorava come suo assistente, guadagnava circa 154mila dollari di Hong Kong l'anno più di lei (circa 30 milioni di lire). In questi anni dice di aver visto intorno a sé tanti uomini con il suo stesso grado d'istruzione fare rapidamente carriera e ricevere salari molto più elevati.
L'8 agosto scorso Kiyoko Kitagawa e sette impiegate di tre filiali della Sumitomo Metal hanno fatto causa ai loro datori di lavoro accusandoli di discriminazione sessuale sui salari e sulle promozioni e chiedendo il rimborso dei milioni di dollari di stipendio in più che avrebbero ricevuto se fossero state uomini.
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MessaggioTitolo: Re: Donna, la condizione nella società.   Donna, la condizione nella società. Ang28Mer Apr 20, 2011 7:06 pm

Le donne sono sempre state brave a gestire "casa e bottega", famiglia e affari. Già nell’età della pietra stavano dentro le caverne e badavano ai cuccioli, prendendosene cura e sfamandoli. Si occupavano anche di trasformare quanto cacciato dall’uomo in qualcosa di commestibile ma non solo. Dai prodotti dell’animale cacciato tiravano fuori pelli per coprirsi, cibo per sfamarsi, conservando tutto quanto era utile per la sopravvivenza. Una pratica questa che si ritrova anche nelle popolazioni dei pellerossa americani, dove le rappresentanti del sesso femminile accompagnano gli uomini nelle loro attività di caccia aiutandoli attivamente in questa pratica.



Dopotutto nelle civiltà arcaiche il matriarcato era potentissimo: la donna era regina della famiglia e della comunità. La sua figura mitica veniva associata alla madre terra, generatrice di vita e potente forza della natura. Tutta l’economia della casa era nelle sue mani, la sua parola era legge anche per gli uomini che dovevano abbandonare il focolare per recarsi al lavoro nei campi, a delegare tutto il resto all’impeccabile organizzazione femminile.



Poi sono arrivati i grandi imperi dell’antichità, le civiltà classiche: anche qui, nell’antica Roma ad esempio, le mogli degli imperatori facevano la vera politica tessendone le trame nell’ombra.... Le donne erano potenti e libere. Tutto cambia nel Medioevo, quando l’essere femminile viene percepito in due differenti modalità: angelico e spirituale oppure stregonesco e maligno.....Il Bene e il Male si incarnano nell’essere umano femminino che si allontana così dalla concretezza e soprattutto dal potere di decidere e di fare qualsiasi cosa di diverso dal suo ruolo di madre e moglie, piegata al volere dell’uomo.



Nel Seicento la paura della forza al femminile, si trasforma in persecuzione fino al loro estremo sacrificio perpetuato contro le streghe al rogo: esperte nell’arte della stregoneria, così erano considerate quelle donne che decidevano di "ribellarsi" al volere maschile e alle regole imposte dalla società, essendo infine relegate ai margini di essa. Tutte le altre andavano in spose o entravano in convento. Il Settecento vede le donne ancora racchiuse tra le mura domestiche o nelle corti a tessere trame e a cercare di "accasarsi" al meglio. Poche le occasioni di entrare in società con un ruolo diverso da quello di future spose e madri.



È con l’Ottocento che la donna torna alla ribalta, soprattutto nella sua veste di lavoratrice. La sua forza lavoro, mai venuta meno nella storia, solo ora ricomincia ad avere un importante peso sociale in piena società industriale, soprattutto dal punto di vista economico e produttivo in senso stretto. ...comincia faticosamente a farsi riconoscere il diritto ad essere un soggetto sociale lavoratrice e cittadina e quindi a potersi svincolare dal potere dell’uomo, marito o padre.



Lavoratrici con le gonne si cominciano a vedere non solo nelle fabbriche ma anche nelle scuole come maestre, nelle corsie degli ospedali soprattutto come ginecologhe conquistando un’indipendenza economica che rompe gli stretti vincoli domestici. Negli Stati Uniti, nel 1840, viene anche sancito il diritto alla libera disponibilità dei guadagni. Le donne cominciano anche a spogliarsi di quegli indumenti fatti di bustini strettissimi e di stecche e indossano abiti morbidi e costumi da bagno, lontani antenati dei bikini. Anche questo è lento progresso verso la parità all’alba del Ventesimo secolo, quando iniziano i primi riconoscimenti dei diritti politici alle donne in Nuova Zelanda (1893), poi negli Usa (1914) e a seguire in tutto il resto del mondo occidentale.



Il Novecento è il secolo delle suffragette, del grande movimento femminista, delle conquiste dei diritti civili, dall’uguaglianza al voto alla possibilità di accedere a tutte le professioni di esclusiva pertinenza degli uomini. La donna della seconda metà del ‘900 conquista la sua libertà e la sua indipendenza economica, giuridica, politica, sessuale: diventa un individuo a pieno titolo, una cittadina moderna proiettata verso la modernità. Un esempio importante dell’emancipazione della donna in questa nuova era arriva dall’India dove le donne, a partire dagli anni Novanta, sono uscite dal loro isolamento dentro case e famiglie, vittime di una società settaria, per aggredire il mondo del lavoro e dell’economia con la loro intraprendenza.



Gli esempi sono numerosi: le giovani donne indiane con la potenza del loro lavoro sono da alcuni decenni un antidoto alla crisi economica perché credono nelle proprie capacità imprenditoriali e nella solidarietà. Molte hanno iniziato dando vita alla bottega dietro casa dove confezionano vestiti e gioielli destinati all’esportazione nel resto del mondo. O come in Bangladesh dove un solo uomo, Muhammad Yunus ha dato una mano a un gruppo di donne povere lavoratrici facendole uscire dalla loro condizione miserevole: negli anni Settanta dopo una forte carestia si è recato nel villaggio di Jobra e ha offerto loro un piccolo credito finanziario, che le grandi banche non avrebbero mai concesso, per far vivere le loro piccole imprese. Ha finanziato le loro attività artigianali dedicate alla lavorazione di mobili in bambù, dando vita a quell’esperienza straordinaria del microcredito che gli ha fatto meritare il Premio Nobel per la pace 2006. Ma nella società indiana non mancano gli esempi di manager e donne in carriera. Il progresso economico è da tempo in quest’area del mondo strettamente connesso al protagonismo delle donne.



Ma, nonostante questi esempi, oggi, all’alba del millennio qualcosa sembra ancora non tornare…Tuttavia oggi le donne hanno ancora molta strada da percorrere per riaffermare la loro femminilità fatta di quei valori profondi e unici che avevano già nelle caverne! Ma per farlo è necessario riappropriarsi di quanto non è mai venuto meno: forza, equilibrio, passione, intelligenza, coraggio, abilità intellettive e manuali. Essere donne, ribelli, selvagge, streghe, guerriere, protagoniste
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