Costantino Nigra, uomo politico e diplomatico italiano nacque a Villa Castelnuovo, Torino, l’11 giugno 1828 e morì a Rapallo nel 1907. Figlio di Ludovico, cerusico del luogo, superstite dell’armata napoleonica e dei moti insurrezionali del ’21, e di Anna Caterina Revello, discendente di Gian Bernardo De Rossi, orientalista di fama mondiale, il giovane Costantino trascorse la sua prima giovinezza a Villa Castelnuovo con i genitori e fratelli, cui fu sempre legato da affetto profondo. In particolare amava il fratello più giovane Michelangelo che, in tenera età, fu privato della vista da un occhio proprio da uno spericolato gioco causato da Costantino.
I successivi impegni di studio lo portarono prima a Bario e poi ad Ivrea per completare gli studi secondari e, al termine di queste scuole, nel 1845, grazie ad una borsa di studio, si iscrisse alla facoltà di legge a Torino, pur dimostrando grande interesse per la poesia e la letteratura.
Nato troppo tardi per prendere parte al risveglio delle idee liberali degli anni fra il 1830 e il 1840, fu tuttavia fra i più decisi nel sostenere nel 1848 la necessità che il Piemonte entrasse in guerra contro l’Austria. Arruolatosi come volontario combattè a Peschiera, a Santa Lucia e a Rivoli dove fu ferito ad un braccio. L’anno seguente, nuovamente in campo, assistè alla sconfitta di Novara che parve compromettere le sorti del piccolo regno.
Dopo la parentesi guerresca riprese gli studi e si laureò in legge; successivamente fu assunto, dietro concorso, al Ministero degli Esteri, dando inizio alla sua lunga carriera diplomatica.
Intanto continuava a dedicarsi alla poesia, scrivendo “Epitalami” e riscuotendo le lodi del Manzoni. Segretario di D’Azeglio, allora primo ministro, non ebbe modo di farsi notare per il tono moderato della vita politica piemontese, aliena dalle ardite decisioni.
Quando però Cavour giunse alla presidenza del Consiglio, nel novembre 1852, un nuovo fervore si impadronì di tutti: il Piemonte entrava nella grande politica europea.
Nel 1856 Nigra seguì Cavour al congresso di Parigi, dove per la prima volta fu agitato il problema italiano come problema di interesse europeo. Poco dopo Nigra, inviato a Parigi, fu incaricato di svolgere con Napoleone III° trattative segrete che non potevano essere discusse per mezzo dei normali agenti diplomatici. La preparazione della guerra del 1859 e la conclusione dell’alleanza fra il Piemonte e la Francia furono, probabilmente, il capolavoro politico di Camillo Benso conte di Cavour e il Nigra mise al servizio della grande causa tutta la sua conoscenza della Corte francese e del carattere dell’Imperatore, da lui perfettamente compreso nel suo misto di sogni e di mobile incostanza, ma anche di tenacia e di perseveranza.
Così si giunse alla guerra del 1859, e ancora una volta il Nigra fu vicino a Cavour nel momento della dolorosa crisi seguita a Villafranca, quando parve crollare tutta la politica faticosamente elaborata.
Ritornato a Parigi nel febbraio del 1860 si lasciò dapprima convincere dai consigli che la diplomazia francese inviava di frequente al Piemonte, di mettere cioè un freno all’inarrestabile processo verso l’unità della penisola.
Napoleone III faceva il tentativo di riaccostarsi all’Austria per la questione d’Oriente e voleva evitare a tutti i costi che anche la Toscana venisse sottratta a un eventuale principe napoleonico; mandò pertanto una specie di ultimatum a Cavour, il quale però proseguì per la sua strada senza tener conto della minaccia.
La spedizione dei Mille, subita ma anche favorita segretamente dal conte, affrettò l’unificazione del paese, e Nigra che aveva abbandonato Parigi dopo la rottura delle relazioni diplomatiche, andò a Napoli come primo ministro delle province meridionali presso il luogotenente generale il principe di Carignano. Riprese il suo posto a Parigi quale ministro plenipotenziario quando vennero ristabiliti i rapporti diplomatici, dopo la cessione di Nizza e della Savoia alla Francia. E vi rimase per un lungo periodo, anche dopo la caduta dell’impero napoleonico, caduta che egli, come tutti gli uomini della Destra, aveva deprecato e nella quale aveva ravvisato una “sventura” per l’Italia, poiché, secondo lui, in nessun altro governo francese l’Italia avrebbe potuto trovare le simpatie e l’amicizia che aveva trovato in Napoleone III.
Negli anni seguenti si rafforzò una segreta avversione di Vittorio Emanuele II nei suoi riguardi, e Nigra, accortosene, chiese al ministro degli Esteri, Visconti Venosta, di essere trasferito a Berna. Ma soltanto nel 1876, quando salì al potere la Sinistra, fu assegnato a Pietroburgo. Ormai proseguiva la sua attività diplomatica con sempre maggiore distacco; non riusciva a capire che nuovi compiti, ben diversi da quelli che avevano occupato gli anni della sua maturità, dovevano essere affrontati dagli uomini politici. E tuttavia anch’egli prendeva parte alle nuove tendenze culturali e spirituali, dedicandosi, con interesse e con amore, alla raccolta dei canti e delle rappresentazioni popolari o allo studio dei dialetti del suo Piemonte, accettando dal positivismo il senso della realtà popolare e il gusto della ricerca glottologica della lingua.
Dopo Pietroburgo venne trasferito a Londra (1882) e pochi anni dopo, nel 1885, a Vienna, dove rimase fino al 1904, quando fu collocato a riposo dietro sua domanda.
Trascorse gli ultimi tempi quasi come un sopravvissuto, sebbene nel 1887 fosse stato invitato dallo stesso Umberto I ad assumere il dicastero degli Esteri, ma rifiutò recisamente.
La sua vita si chiudeva in una disincantata e amara solitudine, tanto più amara per lui che aveva partecipato una volta così attivamente alla vita politica.
Un cenno particolare meritano gli interessi e le opere del Nigra. Poeta di classico garbo, i suoi meriti maggiori sono tuttavia nella sua opera di filologo e linguista ma anche i molteplici contributi etimologici e lessicali.
ERCOLINA MILANESI [/i] _________________
La vita è un pendolo che oscilla tra la noia ed il dolore
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